Fino a dove può arrivare una passione? Quanta fatica e quanti sacrifici servono per diventare un musicista di professione? Quanto costa inventarlo questo lavoro e portarlo avanti per anni, insieme agli studi? E quante responsabilità ci sono nel trasferire ad un’altra persona l’amore per la musica e riuscire anche ad insegnarlo?

Ci vuole un grande investimento, prima di tutto su se stessi e sulle proprie capacità, un po’ di fiducia in questo territorio che considera accessorio tutto ciò che è immateriale e molta competenza nel riconoscere un potenziale in ognuno. E’ questo il grande impegno del Maestro Lorenzo Petruzziello che da vent’anni si è concentrato sulle lezioni di batteria da impartire ai suoi alunni, che vanno dai dodici ai sessant’anni, chi per diventare un professionista, chi per imparare a suonare uno strumento: se dici batterista, è soltanto uno il nome a cui pensare in Irpinia per riuscire a diventare una sola cosa con tamburi, piatti e bacchette.

Un suono che fa vibrare lo stomaco, a cui Lorenzo ha dedicato la maggior parte della sua vita come compositore, arrangiatore e docente. «Ho iniziato a studiare musica partendo in realtà dal violino quando avevo dieci anni. Ho continuato diplomandomi in pianoforte, ma restava una forte propensione per la batteria. Così a diciassette anni ho scelto di approfondire seriamente gli studi e, nel 2006, il percorso è continuato presso il Conservatorio Cimarosa, con la possibilità di approfondire gli studi dell’armonia, dell’arrangiamento, e della composizione Jazz, conseguendo la laurea con lode».

Groovin’ On Drum Studio è la sala di registrazione e la sede della sua scuola a San Michele Di Pratola, nella quale si alternano circa trenta allievi all’anno. «Faccio sempre una domanda a chi varca la porta della scuola: chiedo loro cosa li spinga a voler suonare. Le risposte sono diverse, ma indicative delle motivazioni che ci sono dietro ogni volontà: non tutti hanno il talento e la determinazione per riuscire a diventare professionisti. Molti sono semplicemente appassionati, contenti di imparare le basi. Si studiano gli aspetti tecnici e stilistici della batteria, poi ognuno declina quello che ha imparato sul genere per cui si sente maggiormente portato. Si va dal jazz, al folk, passando per il pop: la formazione è fondamentale per capire quale può essere la strada giusta da intraprendere. Per questo integro la normale didattica con workshop e masterclass, con batteristi di livello mondiale ad insegnare e suonare insieme agli studenti: è un modo per creare un confronto reale con il mondo della musica». Come sarà nel prossimo mese di ottobre quando: «in esclusiva per la Campania, avremo con noi il grande Gary Chaffee, che ha inventato un suo metodo di insegnamento, scrivendo molti libri e producendo svariati approfondimenti sulla batteria. Sarà un momento importante, con lezioni in piccoli gruppi e una finale collettiva. Sarà un seminario capace di spaziare tra i generi e far comprendere l’importanza di avere un maestro e di seguirne i consigli».

E Lorenzo, che suona da ventisei anni, questa provincia con i suoi ostacoli e i talenti negati la conosce molto bene. Tanto da raccontarci un tempo, quello della sua gioventù, che purtroppo oggi non esiste e difficilmente tornerà se continueranno a mancare gli spazi per esprimersi e per fare cultura: «Credo manchi il giusto approccio alla musica. Manca l’educazione all’ascolto e quella sensibilità che potrebbe spingere ad osare di più nella proposta, senza limitarsi al festival estivo. Ci sono molti spazi vuoti anche nel nostro Teatro che potrebbero essere dedicati alle esibizioni più raccolte, agli spettacoli sperimentali».

Parole che sembrano raccontare un’utopia visto, come racconta Lorenzo, «ci accontentiamo, rinunciando a fare quel passo in più per comprendere realtà differenti da quelle che siamo abituati a conoscere. Preferirei non dovermi scontrare quotidianamente con una mentalità ristretta e con gli amici degli amici che ottengono tutto senza fatica. Ma vado avanti, pur con tutte le difficoltà che questa provincia impone di superare. In questo clima è facile che si spengono anche le idee più innovative: esiste un’apatia generalizzata che può essere combattuta soltanto continuando ad impegnarsi e credendo profondamente in quello che si fa. Io ho scelto di lavorare in piccolo, di formare musicisti e menti aperte, di scommettere tutto sulla musica perché vengo da una generazione che il mestiere del musicista un po’ lo ha inventato, quando nessuno ci credeva, e non posso smettere di farlo oggi che cerco di trasmettere tutto questo ai miei allievi».